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Una persona depressa al Grande Fratello? Lo psicologo: 'Ecco perché è un errore”

L’ex presentatore di “Bim Bum Bam”, fuggito dal “Grande Fratello” dopo essere stato deriso e bullizzato dai coinquilini, mostra quanto ancora la società faccia fatica a capire e solidarizzare con il disagio mentale. Lo psicoterapeuta Massimo Bettetini spiega come comportarsi e cosa fare

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Il caso di Marco Bellavia, l’ex presentatore di “Bim Bum Bam” fuggito dalla casa del “Grande Fratello” dopo essere stato deriso e bullizzato dai coinquilini, mostra quanto ancora la società faccia fatica a comprendere e solidarizzare con le persone affette dai disturbi mentali. Forse, oggi, in questo momento di grande crisi, ancora più che negli anni passati. L’altra sera Alfonso Signorini ha squalificato due concorrenti “colpevoli” di aver pronunciato le frasi più vergognose nei confronti di Bellavia: Ginevra Lamborghini e Giovanni Ciacci. Conduttore, produzione e concorrenti si sono scusati per l’accaduto. Intanto, Canale 5 gongola perché la puntata ha fatto il botto di ascolti con il 25 per cento di share. Ma era giusto mettere in una situazione così stressante una persona fragile? Perché i concorrenti si sono comportati così male? Lo chiediamo a un importante psicoterapeuta di Milano, Massimo Bettetini, studioso e scrittore.

Dottore, pur con i limiti della semplificazione televisiva, la vicenda mostra quanto la depressione sia un problema sociale sempre più esplosivo.

“In trasmissioni come queste c’è molta recitazione, ma dietro la maschera può celarsi una sofferenza autentica che si manifesta proprio per i meccanismi intrinseci del format televisivo. La depressione ha molte cause e ogni paziente fa storia a sé. Può nascere per ragioni fisiche, psichiche, o spirituali. Mi pare cosa buona sensibilizzare su questo tema. Sono patologie che non si vedono, non si toccano, ma fanno soffrire e tanto”.

I coinquilini non sono persone di per sé maleducate o egoiste, proprio non ce la facevano a sopportare Bellavia perché era fastidioso. La costrizione ovviamente aumenta il problema in maniera esponenziale. Ma è un fatto comune essere così insofferenti nei confronti di una persona fragile?

“Diventa fastidioso perché quel che accade non fa parte del “copione” che ciascuno si porta inconsapevolmente scritto dentro in trasmissioni come il Grande Fratello, esula da quanto i coinquilini potevano aspettarsi, e allora scatta il rifiuto, superficiale e agito volgarmente”.

Lei riscontra che in questo ultimo periodo ci sia una difficoltà maggiore a esser disponibili verso gli altri, soprattutto dopo il Covid?

“La pandemia ha messo a dura prova ed è diventata occasione di crescita e sviluppo o di chiusura in se stessi. Alcune fasce d’età sono state più colpite di altre; penso ai ragazzi tra i 10 e i 20 anni. C’è stata una crescita esponenziale di ricoveri o prese in carico nei reparti di psichiatria e di neuropsichiatria infantile. Come accade in altre situazioni drammatiche si può avere un’apertura accentuata verso gli altri, nella disponibilità a servire, a rendersi utile, o, al contrario, una chiusura che può anche rasentare la patologia. Ci vorrà tempo per studiare e comprendere il reale vissuto dei singoli e della società nei periodi di pandemia e post pandemia”.

Sono stati due ragazzi dentro la casa (Luca Salatino e Antonella Fiordelisi), a mostrarsi più empatici. Per i giovani è più semplice perché nella vita non sono ancora diventati cinici?

“La vita non sempre rende cinici. I due ragazzi si rendono conto che sta accadendo qualcosa di anomalo all’interno della trasmissione, si fermano, si tolgono la “maschera”, indossano la maschera dell’autenticità, diventano persone e per loro è così più facile avvicinare la persona in difficoltà”.

Cosa bisognerebbe fare per aiutare o almeno non danneggiare una persona con disturbi mentali?

“Innanzitutto ascoltarla, dedicandole il tempo necessario, senza giudicare, senza voler offrire subito delle soluzioni che, nell’immediato, saranno sempre poco efficaci e corrono anzi il pericolo di peggiorare la situazione facendo sentire il soggetto inadeguato. Se poi il caso è davvero patologico, si tratta di aiutare a rivolgersi quanto prima a specialisti delle cure mentali, vincendo la naturale ritrosia. Come uno va dall’otorino se ha mal di gola, così ci si rivolge al terapeuta della psiche se il disturbo è mentale. Serpeggia ancora una discreta vergogna nel rivolgersi a tali specialisti, una vergogna ingiustificata”.

Secondo lei era il caso di fare entrare una persona malata dentro questo tipo di programma? Avrebbe potuto aiutarlo oppure è stato fatto un grande sbaglio?

“Non posso giudicare perché non conosco direttamente l’interessato. Se nella selezione si era giunti a conoscenza della malattia, allora si è trattato di uno sbaglio perché, come dicevo, è il format della trasmissione che potenzialmente slatentizza o peggiora i sintomi di una patologia psichica”.

Alcuni dei coinquilini si sono pentiti e hanno chiesto scusa. Secondo lei tematizzare il caso in tv - anche ovviamente con gli strumenti semplici di un programma - può essere utile? Migliaia di persone si sono riversate sui social indignate per come Bellavia è stato trattato.

“Sono convinto che la malattia non sia strumentalizzabile. La persona che soffre ha bisogno di una sorta di pudore supplementare; e ancora di più se la sofferenza è psichica. Non dico che bisogna nascondersi; ma c’è bisogno di quella vicinanza umana che la trasmissione televisiva non può dare”.

Cosa dovrebbe fare ora Marco Bellavia, continuare a parlarne in pubblico come avrebbe voluto fare dentro la Casa o starsene lontano da tutta questa baraonda?

“Gli suggerirei, se non è già in cura, comunque e innanzitutto di farlo, cercando così di stare meglio. Certo, questa potrebbe essere l’occasione per sensibilizzare l’opinione pubblica su un tema delicato come la depressione, sempre però salvaguardando se stesso e gli altri, in quanto persona, in quanto persone, cosa ben difficile convivendo in una casa piena di telecamere”.

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04/10/2022