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Sindrome da alienazione parentale: pochi sanno cosa sia, anche perché forse non esiste

Non ci sono certezze scientifiche, accolto ricorso di una mamma accusata di avere convinto suo figlio a non vedere più il padre

Sindrome da alienazione parentale pochi sanno cosa sia anche perché forse non esiste
di Redazione

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Non ci sono certezze in 'ambito scientifico' sulla diagnosi di “Pas”, la sindrome di alienazione parentale spesso agitata nelle separazioni che presentano un alto tasso di conflittualità tra coniugi in lite per l'affidamento dei figli minori. Lo sottolinea la Cassazione che, proprio per la mancanza di solidità scientifica della diagnosi di questo presunto disturbo della sfera affettiva e relazionale, ritiene che i consulenti che la sostengono, per dimostrare che un genitore ha allontanato il figlio dall'altra figura genitoriale, compiono una 'devianza' dalla 'scienza medica ufficiale'.

Se è il figlio a rifiutare uno dei genitori

Pertanto, ad avviso degli “ermellini”, i giudici non possono prendere per oro colato le diagnosi di Pas e, per decidere che cosa sia meglio fare nell'interesse del minore, devono invece 'ricorrere alle proprie cognizioni scientifiche' oppure avvalersi di 'idonei esperti' per 'verificare il fondamento' della diagnosi di Pas. Con queste considerazioni, i supremi giudici hanno accolto il ricorso di una mamma contro la Corte di Appello di Venezia che nel 2017, sposando la tesi della Pas, aveva disposto l'affidamento per un semestre, in comunità, del figlio di 15 anni che viveva con lei e che non voleva vedere il padre definendolo 'bugiardo, violento e viscido'.

Figlio conteso

Ad avviso della Cassazione, la 'decisione di escludere per un semestre la madre dalla vita del figlio (salvo la programmazione di incontri periodici del minore con i due genitori in ambiente controllato) appare come il risultato di una adesione alle conclusioni del consulente tecnico di ufficio' che aveva fatto la diagnosi di Pas, dicendo che 'il comportamento materno' aveva generato 'un conflitto di lealtà nella prole' con 'condotte tendenti ad escludere l'altro genitore'. Il figlio conteso, che vive ancora con la madre senza problemi né di rendimento scolastico né di rapporti con i coetanei, non poteva essere subito affidato al padre 'a causa della forte avversione' del minore verso 'l'ambiente familiare paterno' e, per questo, in base a quanto stabilito dalla Corte di Appello, serviva 'una struttura educativa terza' per poi disporre l'affidamento esclusivo del ragazzino al padre.

Nessuna evidenza scientifica

Il ragazzino era stato ascoltato solo una volta a 13 anni e voleva stare con la madre. Ai magistrati veneziani, la Suprema Corte ha ordinato di riesaminare il caso perché 'qualora la consulenza tecnica presenti devianze dalla scienza medica ufficiale, come avviene nell'ipotesi in cui sia formulata la diagnosi di sussistenza della Pas, non essendovi certezze nell'ambito scientifico al riguardo, il giudice di merito, ricorrendo alle proprie cognizioni scientifiche oppure avvalendosi di idonei esperti, è comunque tenuto a verificarne il fondamento'. Per gli 'ermellini', inoltre, data l'età del ragazzino è necessario riascoltarlo come prevede la legge sull'affido condiviso.

23/05/2019