logo tiscali tv

“Vado a vivere in barca”: la scelta di Marta, laureanda in medicina con la passione del mare

«L’ormeggio mi costa come una stanza in affitto», racconta la trentenne che descrive sui social la sua vita e propone «la barca come terapia per i bimbi»

Vado a vivere in barca la scelta di Marta laureanda in medicina con la passione del mare
di Redazione

Leggi più veloce

A chi le dice che ci vuole coraggio ad andare a vivere in barca, lei risponde che in realtà ci vuole coraggio a restare a terra, non a prendere il largo. Era il 2019 quando Marta Magnano, laureanda in Medicina, si decise al grande passo: lasciare l’appartamento che condivideva a Cagliari, la sua città, con altri studenti per comprare una barca a vela e andare a viverci.  La scelta è caduta su «Churingas», un Grand Soleil da dieci metri che Marta, 30 anni, ha reso ospitale quanto una casa sulla terraferma. Del resto non sono pochi i “coraggiosi” che a Cagliari vivono su una barca a vela ma lei è senz’altro un caso speciale.

Una casa sull’acqua

 «Ci pensavo da anni — dice Marta dalle pagine del Corriere della Sera — ma credevo che acquistare un’imbarcazione e viverci fosse possibile solo per i milionari. Poi dovendo cambiare casa il 31 dicembre 2018, ho fatto per gioco un giro su un portale di barche usate. Ho scoperto che erano alla portata delle tasche di una studentessa-lavoratrice come me e l’ormeggio sarebbe costato quanto un affitto. Così ho fatto l’affare e la barca è diventata la mia nuova casa».

Barca dolce barca

«L’acquistai il 10 gennaio 2019 - racconta - e c’erano mille lavoretti da eseguire a bordo, non c’era il riscaldamento, non c’era un boiler per una tazza di the caldo, però ero così felice che comprai un sacco a pelo e andai a dormire lì: la notte più bella della mia vita». Da allora ha iniziato a tenere un diario di brodo anche virtuale raccontando la sua nuova vita sul profilo Facebook «Marta Magnano-Boat Sweet» e i suoi contatti sono cresciuto tanto che è arrivato anche uno sponsor e la convocazione come ospite al Salone Nautico di Genova.

Velista con anni d’esperienza

Ma Marta Magnano non è solo una studentessa alla quale ormai mancano pochi esami per laurearsi: «Allo studio ho sempre affiancato altro. Sin da bambina ho avuto la passione per il mare e a 11 anni ho iniziato sulle derive e a 13 anni sono diventata aiuto-istruttrice di vela per i bambini che salivano sugli Optimist; ho gareggiato a lungo e poi a 21 anni, ho seguito il corso istruttori federale di primo livello con cui si possono tenere corsi di vela con le barche private; quindi e ho lavorato come coordinatrice di eventi».

Il mare come terapia

In ogni caso di abbandonare il mare per entrare in corsia non se ne parla: «Mi affascinava la medicina dello sport ma non sono disposta a vincere un concorso per una specializzazione qualsiasi pur di avere un lavoro. Per cui voglio realizzare dei progetti che vedono il mare come terapia per guarire i bimbi. Ospito già sino a sette bimbi per volta che le mamme mi affidano dopo traumi legati a disavventure marinaresche. Io li aiuto mostrando, ora il mio lato materno ora quello da comandante. Alcuni di loro sono adesso fanno parte del mio equipaggio quando gareggio nelle regate».

Vivere di nautica

A chi pensa che una vita in barca comporti sacrifici anche di carattere sociale, Marta risponde così: «Sono nata in mezzo al mare e i miei amici sono velisti per cui ci incontriamo nei porti di tutto il mondo. In barca ci sta ciò che vuoi portare davvero: io sono golosa e ho frullatori e gelatiera. Poi sono un marinaio che di giorno gira scalza o sporca di grasso ma sono anche una donna e le due cose non si escludono. Con passione dimostro che i giovani, i meno abbienti e il gentil sesso, hanno tutte le carte per vivere di nautica».

La capitana

Una cosa è vera però, il mondo marinaio è ancora parecchio maschilista e ogni tanto Marta deve farsi valere. «Capita nei porti dove non sono mai attraccata perché ci sono ancora tabù sulle comandanti — spiega — e io navigo in solitaria. Ogni tanto vedo titubare l’ormeggiatore con le cime perché cerca di vedere dov’è il marinaio che deve prenderla: mi faccio rispettare e la volta dopo non capita più».

07/10/2020