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Capoufficio assolto, il giudice Bruno Fasciana: 'Se la pacca sul sedere è veloce non è molestia'

In questa intervista il magistrato responsabile della sentenza di assoluzione di Domenico Lipari, spiega perché toccare le colleghe senza permesso non è violenza

Capoufficio assolto il giudice Bruno Fasciana Se la pacca sul sedere è veloce non è molestia

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La sentenza emessa il 23 novembre dal tribunale di Palermo che ha assolto l’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate Palermo 1, Domenico Lipari, dall’accusa di avere molestato due impiegate del suo ufficio ha fatto sobbalzare tutte le lavoratrici italiche, e pure i loro colleghi. Perché se questo verdetto facesse scuola, qualsiasi donna potrebbe essere toccata nelle proprie parti intime “per scherzo” da parte di un capo “immaturo” che non tragga “appagamento sessuale” dalla palpatina.

Delle motivazioni della sconcertante sentenza abbiamo parlato col giudice che ha presieduto il collegio giudicante, il magistrato Bruno Fasciana.
“La valutazione delle azioni e della condotta dell’imputato rimane nel confine di scherzo, dell’abitudine, anche se volgare e prevaricatrice. Però non abbiamo ritenuto configurabile l’ipotesi di violenza sessuale.”

Come avete fatto ad escludere la violenza visto che le colleghe non stavano allo scherzo?
“Il giudice per condannare deve avere la prova certa della sussistenza del fatto e della colpevolezza dell’imputato. Questa prova certa deve essere al di là di ogni ragionevole dubbio.”

La testimonianza delle due colleghe oggetto delle attenzioni di Lipari sono però state ritenuti attendibili, ne deduco che i fatti da loro riportati siano ritenuti veri.
“Certo, non c’è dubbio. Ma quello che hanno raccontato, sia per il tipo di condotta, sia per il contesto, non risolveva un dubbio. Nel senso che il fatto è provato al 100%, però per quanto riguarda la responsabilità personale dell’imputato - perché l’imputato deve anche agire con dolo - c’era il dubbio. E nel momento in cui c’è il dubbio il giudice deve assolvere perché la condanna si può fare solo al di là di ogni ragionevole dubbio.”

Mi spiega quale titubanza avete avuto? Perché avete accertato che il signore ha messo le mani addosso alle signore…
“Bisogna valutare come ha messo le mani addosso. Ha dato una pacca velocissima e questo è un comportamento che, se non è giustificato da una particolare confidenza tra i soggetti è sicuramente molto deprecabile ed è sicuramente offensivo nei confronti della donna. Questo è chiarissimo, però perché ci sia violenza sessuale è necessario che quel gesto deprecabile e mortificante per la donna abbia un contenuto libidinoso e che sia fatto al fine di soddisfare le pulsioni libidinose dell’imputato. In questo caso noi per il tipo di contatto che c’è stato con le due impiegate abbiamo ritenuto che vi fosse il dubbio che si trattasse di un gesto libidinoso. Quando a noi giudici capita che sia residuato un dubbio, abbiamo il dovere giuridico e morale di assolvere. È semplicissimo. Del resto la stessa pacca nel sedere è stata, nel caso specifico, molto fugace. La mano non si è soffermata”.

E la mano sulla scollatura e sulla zona inguinale, anche quella era fugace?
“Pure quella… certo non è naturale. Sono cose naturali fra persone che hanno confidenza, altrimenti non lo sono”.

Esatto non lo sono, soprattutto da parte di un capo.
“Sì, però non tutto è risolvibile in sede penale”.

E quindi secondo lei in quale sede sarebbe risolvibile?
“In quella disciplinare. Perché io non posso considerarla violenza sessuale se ho il dubbio che non fosse fatto per un fine di libidine.”

Ma come avete fatto ad escludere la libidine?
“Non ci sono stati neanche dei palpeggiamenti. C’è stata una pacca sul sedere senza che la mano si sia soffermata sul corpo dell’impiegata. Nel momento in cui non si sofferma, non si può considerare un atto sessuale. Perché si può fare anche per altre ragioni, pure deprecabili, ma non è un atto sessuale. Può essere stato fatto perché magari il capoufficio in questa maniera voleva affermare la sua posizione e il suo potere tanto da permettersi delle confidenze nei confronti delle impiegate. Ma questo è un fatto di valenza esclusivamente disciplinare.”

La sentenza emessa il 23 novembre dal tribunale di Palermo che ha assolto l’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate Palermo 1, Domenico Lipari, dall’accusa di avere molestato due impiegate del suo ufficio ha fatto sobbalzare tutte le lavoratrici italiche, e pure i loro colleghi. Perché se questo verdetto facesse scuola, qualsiasi donna potrebbe essere toccata nelle proprie parti intime “per scherzo” da parte di un capo “immaturo” che non tragga “appagamento sessuale” dalla palpatina.

Delle motivazioni della sconcertante sentenza abbiamo parlato col giudice che ha presieduto il collegio giudicante, il magistrato Bruno Fasciana.
“La valutazione delle azioni e della condotta dell’imputato rimane nel confine di scherzo, dell’abitudine, anche se volgare e prevaricatrice. Però non abbiamo ritenuto configurabile l’ipotesi di violenza sessuale.”

Come avete fatto ad escludere la violenza visto che le colleghe non stavano allo scherzo?
“Il giudice per condannare deve avere la prova certa della sussistenza del fatto e della colpevolezza dell’imputato. Questa prova certa deve essere al di là di ogni ragionevole dubbio.”

La testimonianza delle due colleghe oggetto delle attenzioni di Lipari sono però state ritenuti attendibili, ne deduco che i fatti da loro riportati siano ritenuti veri.
“Certo, non c’è dubbio. Ma quello che hanno raccontato, sia per il tipo di condotta, sia per il contesto, non risolveva un dubbio. Nel senso che il fatto è provato al 100%, però per quanto riguarda la responsabilità personale dell’imputato - perché l’imputato deve anche agire con dolo - c’era il dubbio. E nel momento in cui c’è il dubbio il giudice deve assolvere perché la condanna si può fare solo al di là di ogni ragionevole dubbio.”

Mi spiega quale titubanza avete avuto? Perché avete accertato che il signore ha messo le mani addosso alle signore…
“Bisogna valutare come ha messo le mani addosso. Ha dato una pacca velocissima e questo è un comportamento che, se non è giustificato da una particolare confidenza tra i soggetti è sicuramente molto deprecabile ed è sicuramente offensivo nei confronti della donna. Questo è chiarissimo, però perché ci sia violenza sessuale è necessario che quel gesto deprecabile e mortificante per la donna abbia un contenuto libidinoso e che sia fatto al fine di soddisfare le pulsioni libidinose dell’imputato. In questo caso noi per il tipo di contatto che c’è stato con le due impiegate abbiamo ritenuto che vi fosse il dubbio che si trattasse di un gesto libidinoso. Quando a noi giudici capita che sia residuato un dubbio, abbiamo il dovere giuridico e morale di assolvere. È semplicissimo. Del resto la stessa pacca nel sedere è stata, nel caso specifico, molto fugace. La mano non si è soffermata”.

E la mano sulla scollatura e sulla zona inguinale, anche quella era fugace?
“Pure quella… certo non è naturale. Sono cose naturali fra persone che hanno confidenza, altrimenti non lo sono”.

Esatto non lo sono, soprattutto da parte di un capo.
“Sì, però non tutto è risolvibile in sede penale”.

E quindi secondo lei in quale sede sarebbe risolvibile?
“In quella disciplinare. Perché io non posso considerarla violenza sessuale se ho il dubbio che non fosse fatto per un fine di libidine.”

Capoufficio assolto il giudice Bruno Fasciana Se la pacca sul sedere è veloce non è molestia

Ma come avete fatto ad escludere la libidine?
“Non ci sono stati neanche dei palpeggiamenti. C’è stata una pacca sul sedere senza che la mano si sia soffermata sul corpo dell’impiegata. Nel momento in cui non si sofferma, non si può considerare un atto sessuale. Perché si può fare anche per altre ragioni, pure deprecabili, ma non è un atto sessuale. Può essere stato fatto perché magari il capoufficio in questa maniera voleva affermare la sua posizione e il suo potere tanto da permettersi delle confidenze nei confronti delle impiegate. Ma questo è un fatto di valenza esclusivamente disciplinare.”

03/02/2016